mercoledì 26 novembre 2008

Yes, we can?

Special thanks for this picha: Anto :)

Barack Obama è il 44esimo presidente degli Stati Uniti d’America. In Kenya è stata indetta una giornata di public holiday. Dopo il Kenyatta Day per chi ha portato i kenioti all’indipendenza dagli inglesi e il Moi Day del presidente-dittatore che ha guidato il Paese per oltre vent’anni (ricorrenza in seguito tolta dal calendario, anche se il riposo è rimasto) ecco l’Obama Day. Il giorno dopo le elezioni alle 8 del mattino già tutti conoscevano il risultato. Considerando il fuso orario e il fatto di trovarsi nel bush, la cosa ha dell’incredibile. Naturalmente la gente di Karungu era molto contenta. C’era chi, come Felix, ha indossato la maglietta con il volto di Obama per tutto il giorno e chi, come John, ha scelto il nuovo presidente per fare da sfondo al suo mobile phone. Se si chiede il perché la risposta è semplice: “Perché è keniota”. Anche se è nato alle Hawaii e la mamma non è africana. A Kisumu in concomitanza con le votazioni americane se ne sono indette di fittizie in versione africana, con due attori che impersonavano i candidati e le urne per scegliere il preferito, in una parodia delle promesse che i politici usano fare in campagna elettorale. “Se vinco estenderò il lago Vittoria fino al Mississippi” proclamava il finto McCain.
Però. Nonostante fosse public holiday, a Karungu molti hanno lavorato comunque. Oppure ne hanno approfittato per riposarsi, piuttosto che per festeggiare. L’ospedale ovviamente non si è fermato e neppure gli ambulatori: il giovedì è la giornata in cui le mamme sieropositive vengono a farsi visitare per la prevenzione della trasmissione verticale del virus. Non potevano certo saltare l’appuntamento per il primo presidente nero alla Casa Bianca.
La stampa e i media locali hanno seguito passo dopo passo l’ascesa di Obama e nei giorni successivi all’elezione erano quasi monotematici. Tanti autobus e matatu hanno cambiato la scritta Senator con President, e di sicuro tra i prossimi nascituri ci saranno molti omonimi.
Ma. La vita a Karungu è rimasta la stessa. E la gente non ha festeggiato più di tanto. Se il cambiamento ci sarà, dovrà passare del tempo prima che li raggiunga. E loro devono pensare al presente. Oggi al mercato di Otati vendevano anche i calendari 2009. In molti campeggiava Obama e il suo motto: Yes, we can. Ma l’impressione è che chi vive qui, forse anche in seguito alla delusione delle ultime votazioni nazionali, di fronte a questa nuova speranza sia più prudente.
Yes, we can?

giovedì 13 novembre 2008

In Nairobi

"Eccoci qua!" per dirla alla Marietto. Io e Maria Teresa siamo arrivate stasera a Nairobi. Lei riparte per l'Italia lunedì, dr. Augusto ed Anca sono partiti nelle scorse settimane, e nel frattempo a Karungu ci ha raggiunti Lina. Ma soprattutto: sabato arrivano dei very special guests... Buon safari, ci vediamo presto ;)

domenica 2 novembre 2008

The stones

Muhuru è vicino al confine con la Tanzania, a un'ora e mezza da Karungu. Raggiungere il villaggio è semplice, non ci sono molte strade tra cui scegliere, basta fare attenzione a un paio di incroci. Nel caso in cui il vostro senso dell'orientamento sia pari al mio e riusciate a perdervi anche qui, potete sempre chiedere alle tante persone che si incontrano lungo la via.
Quel sabato c'era un gran sole, e pochissime nuvole. E una luce forte che colpiva ogni cosa, anche gli occhi, nonostante gli occhiali scuri. Sembrava un sogno. Un bel sogno dove ci sono solo facce sorridenti e colori accesi.
Arrivati alle pietre bisogna camminare, arrampicarsi, faticare, specie se come la sottoscritta ci si va in ciabatte. Noi avevamo delle guide speciali: una decina di bambini conosciuti appena scesi dalla macchina, ci hanno accompangato fino all'incontro con il lago.
Sono stati carinissimi: ci aspettavano, ci indicavano le vie più semplici, ci tendevano la mano, spostavano l'erba alta per farci passare. Di tanto in tanto correvano avanti saltando da una pietra all'altra sui loro piedi scalzi, e poi tornavano indietro. E noi eravamo sempre allo stesso posto, o pochi passi più in là. Chissà che spasso, per loro, queste due wazungu imbranate. Mario. invece, stava sempre almeno dieci pietre dopo, e mentre aspettava scherzava con i suoi piccoli nuovi amici.
Tra una risata e una canzone inventata sul momento, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, un bel masso ampio da cui la vista del lago sembra non finire mai. Le pietre finiscono all'improvviso sul Vittoria che su di loro infrange le sue piccole onde, l'acqua è profonda e limpida, il confine è una linea inventate sulle mappe e ciò che vedi è solo un'immagine di forza, bellezza e libertà.


Exploring Masai Mara

Simba & Rafiki