Oloo, il proprietario della barca, non parla una parola di inglese, ma grazie ad Evans e Daniel concordiamo l'appuntamento e il prezzo. Lo so che mi sta proponendo una cifra azzardata per i suoi standard, ma non mi sembra proprio il tipo che fa il furbo e non contratto più di tanto.
Sabato mattina alle 8.15 scendiamo al lago direttamente dal cancello della missione, dove ci aspetta la nostra verde, gialla e blu Akingi B [akinyi/akingi = nata di mattina, in luo].
Nonostante i bordi frastagliati come tante ferite, l'acqua che entra in quantità allarmante e il motore tisico che invece di ruggire come un leone tossisce come un gattino raffreddato, la barca ci porterà sani e salvi alla meta, e ritorno.
Aluru è a circa 6 km dal St. Camillus, e occorrono almeno 45 minuti per coprire la distanza. Il viaggio è davvero affascinante, soprattutto al mattino presto. Il lago è uno specchio calmo e blu rotto solo dai riflessi del sole che si ammira vanitoso.
Aluru si profila all'orizzonte e le baracche sulle sue sponde luccicano al sole. Prima di attraccare facciamo il giro completo dell'isola, che mostra tutta la sua desolazione. Aluru si può riassumere in tre colori: il marrone della terra, il verde di qualche albero, il grigio delle "case", ma chiamarle così mi sembra un pò eccessivo. Eppure, c'è chi sceglie di vivere qui. Sono soprattutto pescatori di Sori, che preferiscono passare un pò di tempo ad Aluru perchè la pesca è più proficua. A vedere quanto sono grossi i pesci nelle ceste, c'è da crederci: ai miei piedi giace uno "spaventoso" persico da 25 kg, e gli altri pesano poco meno.
Ci sono anche alcune donne: chi pulisce e fa seccare gli omena, chi cucina qualcosa per il pranzo o da portare al mercato insieme al pesce. E poi, come sempre in Africa, anche qui ci sono dei bambini. Ad Aluru sono belli sporchi, con vestiti consumati, quasi tutti senza scarpe e le manine appiccicose. Tuttavia, ci accolgono con un sorriso travolgente, e in men che non si dica mi ritrovo con quattro manine appiccicoose attaccate alle mie dita, che mi accompagnano per il giro dell'isola. Oggi sono a casa, ma durante la settimana questi bambini devono fare Aluru-Sori e ritorno tutti i giorni, per andare a scuola.
Qualche pescatore, poche donne, alcuni bambini, il censimento è presto fatto. Qualche baracca, niente acqua corrente anche se circondati dall'acqua del lago, niente elettricità, niente. Eppure da un tetto di lamiera spunta un'antenna, hanno tutti il cellulare, e da qualche parte una radio caricata a batteria suona una musica ritmata che ci fa da soundtrack.
Se si sale appena un pò sulla "collina", si trova un bellissimo albero che sembra fare da guardiano ai pescatori, come un vecchio faro, solitario, maestoso e verde. Le due isole che, da Karungu, appaiono subito dietro ad Aluru, si rivelano piccole e lontane. Il lago è del colore del cielo e sembrano fondersi, all'infinito.
Invece di rientrare subito a casa, ci facciamo accompagnare a Sori, al "porto". E' curioso vedere il paese dalla barca, le case e le capanne, giovani che vanno al largo per farsi il bagno lontano da occhi indescreti, ragazze e bambini sulla riva che fanno il bucato, centinaia di metri di reti rese argento dall'omena spazzolato dalle donne, mentre gli uomini dormono il giusto riposo dopo una notte di lavoro.
In this picha, from left:
Sabato mattina alle 8.15 scendiamo al lago direttamente dal cancello della missione, dove ci aspetta la nostra verde, gialla e blu Akingi B [akinyi/akingi = nata di mattina, in luo].
Nonostante i bordi frastagliati come tante ferite, l'acqua che entra in quantità allarmante e il motore tisico che invece di ruggire come un leone tossisce come un gattino raffreddato, la barca ci porterà sani e salvi alla meta, e ritorno.
Aluru è a circa 6 km dal St. Camillus, e occorrono almeno 45 minuti per coprire la distanza. Il viaggio è davvero affascinante, soprattutto al mattino presto. Il lago è uno specchio calmo e blu rotto solo dai riflessi del sole che si ammira vanitoso.
In this picha: a deep blue lake Victoria
Di tanto in tanto si incontrano i pescatori che rientrano esausti dalla notte, con il loro carico di omena. Altri invece sono di nuovo al lavoro, alla ricerca della tilapia e del pesce persico. Alcuni usano barche a motore, altri hanno delle vele, spesso logorate dal tempo e dal vento, altri semplicemente remano con braccia tornite dalla fatica e dal movimento alternato del gettare le reti vuote e risollevarle colme di pesci.Aluru si profila all'orizzonte e le baracche sulle sue sponde luccicano al sole. Prima di attraccare facciamo il giro completo dell'isola, che mostra tutta la sua desolazione. Aluru si può riassumere in tre colori: il marrone della terra, il verde di qualche albero, il grigio delle "case", ma chiamarle così mi sembra un pò eccessivo. Eppure, c'è chi sceglie di vivere qui. Sono soprattutto pescatori di Sori, che preferiscono passare un pò di tempo ad Aluru perchè la pesca è più proficua. A vedere quanto sono grossi i pesci nelle ceste, c'è da crederci: ai miei piedi giace uno "spaventoso" persico da 25 kg, e gli altri pesano poco meno.
Ci sono anche alcune donne: chi pulisce e fa seccare gli omena, chi cucina qualcosa per il pranzo o da portare al mercato insieme al pesce. E poi, come sempre in Africa, anche qui ci sono dei bambini. Ad Aluru sono belli sporchi, con vestiti consumati, quasi tutti senza scarpe e le manine appiccicose. Tuttavia, ci accolgono con un sorriso travolgente, e in men che non si dica mi ritrovo con quattro manine appiccicoose attaccate alle mie dita, che mi accompagnano per il giro dell'isola. Oggi sono a casa, ma durante la settimana questi bambini devono fare Aluru-Sori e ritorno tutti i giorni, per andare a scuola.
Qualche pescatore, poche donne, alcuni bambini, il censimento è presto fatto. Qualche baracca, niente acqua corrente anche se circondati dall'acqua del lago, niente elettricità, niente. Eppure da un tetto di lamiera spunta un'antenna, hanno tutti il cellulare, e da qualche parte una radio caricata a batteria suona una musica ritmata che ci fa da soundtrack.
Se si sale appena un pò sulla "collina", si trova un bellissimo albero che sembra fare da guardiano ai pescatori, come un vecchio faro, solitario, maestoso e verde. Le due isole che, da Karungu, appaiono subito dietro ad Aluru, si rivelano piccole e lontane. Il lago è del colore del cielo e sembrano fondersi, all'infinito.
Invece di rientrare subito a casa, ci facciamo accompagnare a Sori, al "porto". E' curioso vedere il paese dalla barca, le case e le capanne, giovani che vanno al largo per farsi il bagno lontano da occhi indescreti, ragazze e bambini sulla riva che fanno il bucato, centinaia di metri di reti rese argento dall'omena spazzolato dalle donne, mentre gli uomini dormono il giusto riposo dopo una notte di lavoro.
Di ritorno da Aluru, Sori, con il suo brulicare di umanità e colori, sembra un porto di mare in un giorno di festa.
In this picha, from left:
Stephen, Amanda, Kayla, Angi, Maddalena, Jimmy, Giovanni
& some children in Aluru Island
& some children in Aluru Island
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