Muhuru è vicino al confine con la Tanzania, a un'ora e mezza da Karungu. Raggiungere il villaggio è semplice, non ci sono molte strade tra cui scegliere, basta fare attenzione a un paio di incroci. Nel caso in cui il vostro senso dell'orientamento sia pari al mio e riusciate a perdervi anche qui, potete sempre chiedere alle tante persone che si incontrano lungo la via.
Quel sabato c'era un gran sole, e pochissime nuvole. E una luce forte che colpiva ogni cosa, anche gli occhi, nonostante gli occhiali scuri. Sembrava un sogno. Un bel sogno dove ci sono solo facce sorridenti e colori accesi.
Arrivati alle pietre bisogna camminare, arrampicarsi, faticare, specie se come la sottoscritta ci si va in ciabatte. Noi avevamo delle guide speciali: una decina di bambini conosciuti appena scesi dalla macchina, ci hanno accompangato fino all'incontro con il lago.
Sono stati carinissimi: ci aspettavano, ci indicavano le vie più semplici, ci tendevano la mano, spostavano l'erba alta per farci passare. Di tanto in tanto correvano avanti saltando da una pietra all'altra sui loro piedi scalzi, e poi tornavano indietro. E noi eravamo sempre allo stesso posto, o pochi passi più in là. Chissà che spasso, per loro, queste due wazungu imbranate. Mario. invece, stava sempre almeno dieci pietre dopo, e mentre aspettava scherzava con i suoi piccoli nuovi amici.
Tra una risata e una canzone inventata sul momento, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, un bel masso ampio da cui la vista del lago sembra non finire mai. Le pietre finiscono all'improvviso sul Vittoria che su di loro infrange le sue piccole onde, l'acqua è profonda e limpida, il confine è una linea inventate sulle mappe e ciò che vedi è solo un'immagine di forza, bellezza e libertà.
Arrivati alle pietre bisogna camminare, arrampicarsi, faticare, specie se come la sottoscritta ci si va in ciabatte. Noi avevamo delle guide speciali: una decina di bambini conosciuti appena scesi dalla macchina, ci hanno accompangato fino all'incontro con il lago.
Sono stati carinissimi: ci aspettavano, ci indicavano le vie più semplici, ci tendevano la mano, spostavano l'erba alta per farci passare. Di tanto in tanto correvano avanti saltando da una pietra all'altra sui loro piedi scalzi, e poi tornavano indietro. E noi eravamo sempre allo stesso posto, o pochi passi più in là. Chissà che spasso, per loro, queste due wazungu imbranate. Mario. invece, stava sempre almeno dieci pietre dopo, e mentre aspettava scherzava con i suoi piccoli nuovi amici.
Tra una risata e una canzone inventata sul momento, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, un bel masso ampio da cui la vista del lago sembra non finire mai. Le pietre finiscono all'improvviso sul Vittoria che su di loro infrange le sue piccole onde, l'acqua è profonda e limpida, il confine è una linea inventate sulle mappe e ciò che vedi è solo un'immagine di forza, bellezza e libertà.
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