Scriveva Lauren quasi un anno fa nel suo blog su Karungu: "it doesn’t matter how long I have been here. There are some days that I am just dumbfounded by what I hear and see. Times that I find myself asking “Why is this happening?!” Times when I just want to bang my head against the wall because it doesn’t make any sense."
Non si può morire a 19 anni per una banale complicazione da parto, quando si è sieronegativa e si ha appena dato alla luce un bel bambino che non ricorderà la madre. Fortuna che con lui ci sono i nonni, e una capra gli darà il latte.
Nonostante la campagna di prevenzione stia funzionando, domenica ha partorito l'ennesima ragazzina di 16 anni. Anche lei sieronegativa, e brava che è venuta in ospedale. Solo con la mamma, il padre del bambino chissà dov'era. Ma chissenefrega. Anche in questo caso una complicanza. Il bimbo ha sofferto molto. In un ospedale più attrezzato.. Chissà. Invece è morto stamattina.
Un ragazzo di 19 anni forse morirà. Ha una malattia particolare che si può curare. Per essere sicuri che si tratti di questa specifica patologia serve un esame molto costoso, che la famiglia non si può permettere. E' stato ricoverato la prima volta al St. Camillus quasi un anno fa. E' molto alto, sieronegativo, pesa meno di 50 kg. Ieri l'hanno portato a fare l'esame, perchè è stato trovato un donor. Ma probabilmente è troppo tardi.
Anche Dominic è morto, qualche mese fa. A un anno e mezzo pesava poco più di 4 kg. Era sieropositivo. La mamma fino all'ultimo non voleva fargli fare il test nè sapere il suo stato. Perchè naturalmente se il bimbo è positivo all'HIV lo è anche lei. E preferisce non sapere. Quando in reparto le hanno spiegato che era fondamentale saperlo per poter curare il piccolo che rischiava di morire per malnutrizione e AIDS, la signora ha detto: mi dispiace, ho altri bambini a casa. I primi giorni si rifiutava di allattarlo. Aspettava. Ma Dominic sembrava destinato a farcela. Con i suoi occhi sproporzionati a quella testa e a quel corpicino, guardava tutto e tutti con avidità, come se avesse fame di stare al mondo oltre che di cibo. Con le sue fragili dita si attaccava al lenzuolo del lettino e sembrava che la sua voglia di esserci l'avrebbe salvato. Dopo un breve periodo in ospedale aveva cominciato a stare seduto, la mamma aveva ripreso speranza e si dimostrava più affettuosa, aveva anche deciso di allattarlo di nuovo. E poi, niente. Il buio. A volte non basta desiderare ardentemente una cosa per ottenerla. Non basta attaccarsi al lenzuolo per resistere.
Questa mattina due bambine hanno colorato con i pastelli nel mio ufficio. La mamma mi ha detto che sono a casa da scuola perchè non ha i soldi per la retta. Il marito è morto l'anno scorso e lei con il suo lavoro non ce la fa a coprire tutte le spese, così le bimbe iniziano ogni volta il trimestre fino a quando ci sono i soldi, e poi si vedrà.
Le donne che si rivolgono alla clinica prenatale sono in aumento. Al momento del test dell'HIV, però, spesso si tirano indietro. Non lo vogliono sapere. Oppure dopo il risultato non si fanno più vedere. Perchè se risultano positive, poi lo devono comunicare al marito. Se hanno preso il virus tradendo il proprio compagno, è una tragedia. Se sanno di essere state fedeli, significa che a tradirle è stato lui. Ma è difficile che lui lo ammetta. Più facile che le accusi di essere fredifaghe e le cacci di casa. Gli operatori home based care della missione ne sentono di tutti i colori quando fanno visita a queste signore a casa. L'ospedale offre un servizio gratuito alle donne in gravidanza e, tramite l'assicurazione sanitaria, la possibilità di un parto ospedalizzato. Ma spesso il marito non le vuole accompagnare al momento della nascita. E mica possono farsi chilometri a piedi.
Alla mobile clinic di Otati, dopo tre anni di assistenza alle gestanti, finalmente le future mamme non vedono più il partorire in ospedale come una stravaganza o un lusso ma come un diritto e una necessità. Peccato che Otati sia a circa un'ora di strada impropobile dal St. Camillus, e allora quasi conviene partorire a casa. Con il risultato che dopo essere state seguite durante la gravidanza non è possibile effettuare la profilassi per evitare la trasmissione verticale del virus dell'HIV.
In caso di madre sieropositiva, le linee guida mondiali sconsigliano l'allattamento. In Africa è concesso per i primi sei mesi del nascituro, perchè la famiglia solitamente non ha i soldi per il latte in polvere ed è più probabile che il piccolo muoia in questa fase bevendo l'acqua non salubre usata per preparare il latte artificiale piuttosto che prendere l'AIDS dalla mamma succhiando al seno.
Un ragazzo all'ultimo anno di università viene a trovarmi in ufficio con la mamma per farle da interprete, perchè lei sa solo il dholuo. Siccome parla a voce bassissima e faccio fatica a capirlo, gli chiedo per favore di scrivere quello che mi vuole dire. Impiega almeno cinque minuti per compitare poche righe, ritorna più volte sulle frasi prima di consegnarmi il foglietto e leggendo faccio comunque fatica a capire il messaggio perchè è scritto in un inglese più maccheronico del mio che sono italiana.
Una signora di Otati vive da sola con tre figli avuti da uomini diversi. Il più grande avrà 4 anni. Chiamare casa il posto dove vivono è decisamente eccessivo. E' una delle famiglie più povere che conosco. Sono andata a trovarla e in quella che lei chiama ostentatamente cucina c'erano i tre fratellini soli, sporchi e affamati. Il più piccolo piangeva disperato. Le abbiamo telefonato tramite il cellulare di un vicino. Dove si è cacciata? Quando è arrivata si è scusata, stava lavorando per racimolare qualcosa. Stava aiutando a spalmare il fango sulla capanna di una famiglia, che così si fa i muri. Mi ha detto che i bambini sono sporchi perchè siccome lavora non ha avuto tempo di andare a prendere l'acqua al lago, a una quindicina di chilometri. Le offriamo qualcosa per comprare da mangiare lei ringrazia e replica in dholuo. Chiedo all'amico che mi accompagna di tradurmi ma lui all'inizio si rifiuta. Insisto. Mi dice: ti ha chiesto se le compri un cellulare, così la prossima volta che vieni qui puoi contattarla direttamente e si fa trovare a casa.
Non si può morire a 19 anni per una banale complicazione da parto, quando si è sieronegativa e si ha appena dato alla luce un bel bambino che non ricorderà la madre. Fortuna che con lui ci sono i nonni, e una capra gli darà il latte.
Nonostante la campagna di prevenzione stia funzionando, domenica ha partorito l'ennesima ragazzina di 16 anni. Anche lei sieronegativa, e brava che è venuta in ospedale. Solo con la mamma, il padre del bambino chissà dov'era. Ma chissenefrega. Anche in questo caso una complicanza. Il bimbo ha sofferto molto. In un ospedale più attrezzato.. Chissà. Invece è morto stamattina.
Un ragazzo di 19 anni forse morirà. Ha una malattia particolare che si può curare. Per essere sicuri che si tratti di questa specifica patologia serve un esame molto costoso, che la famiglia non si può permettere. E' stato ricoverato la prima volta al St. Camillus quasi un anno fa. E' molto alto, sieronegativo, pesa meno di 50 kg. Ieri l'hanno portato a fare l'esame, perchè è stato trovato un donor. Ma probabilmente è troppo tardi.
Anche Dominic è morto, qualche mese fa. A un anno e mezzo pesava poco più di 4 kg. Era sieropositivo. La mamma fino all'ultimo non voleva fargli fare il test nè sapere il suo stato. Perchè naturalmente se il bimbo è positivo all'HIV lo è anche lei. E preferisce non sapere. Quando in reparto le hanno spiegato che era fondamentale saperlo per poter curare il piccolo che rischiava di morire per malnutrizione e AIDS, la signora ha detto: mi dispiace, ho altri bambini a casa. I primi giorni si rifiutava di allattarlo. Aspettava. Ma Dominic sembrava destinato a farcela. Con i suoi occhi sproporzionati a quella testa e a quel corpicino, guardava tutto e tutti con avidità, come se avesse fame di stare al mondo oltre che di cibo. Con le sue fragili dita si attaccava al lenzuolo del lettino e sembrava che la sua voglia di esserci l'avrebbe salvato. Dopo un breve periodo in ospedale aveva cominciato a stare seduto, la mamma aveva ripreso speranza e si dimostrava più affettuosa, aveva anche deciso di allattarlo di nuovo. E poi, niente. Il buio. A volte non basta desiderare ardentemente una cosa per ottenerla. Non basta attaccarsi al lenzuolo per resistere.
Questa mattina due bambine hanno colorato con i pastelli nel mio ufficio. La mamma mi ha detto che sono a casa da scuola perchè non ha i soldi per la retta. Il marito è morto l'anno scorso e lei con il suo lavoro non ce la fa a coprire tutte le spese, così le bimbe iniziano ogni volta il trimestre fino a quando ci sono i soldi, e poi si vedrà.
Le donne che si rivolgono alla clinica prenatale sono in aumento. Al momento del test dell'HIV, però, spesso si tirano indietro. Non lo vogliono sapere. Oppure dopo il risultato non si fanno più vedere. Perchè se risultano positive, poi lo devono comunicare al marito. Se hanno preso il virus tradendo il proprio compagno, è una tragedia. Se sanno di essere state fedeli, significa che a tradirle è stato lui. Ma è difficile che lui lo ammetta. Più facile che le accusi di essere fredifaghe e le cacci di casa. Gli operatori home based care della missione ne sentono di tutti i colori quando fanno visita a queste signore a casa. L'ospedale offre un servizio gratuito alle donne in gravidanza e, tramite l'assicurazione sanitaria, la possibilità di un parto ospedalizzato. Ma spesso il marito non le vuole accompagnare al momento della nascita. E mica possono farsi chilometri a piedi.
Alla mobile clinic di Otati, dopo tre anni di assistenza alle gestanti, finalmente le future mamme non vedono più il partorire in ospedale come una stravaganza o un lusso ma come un diritto e una necessità. Peccato che Otati sia a circa un'ora di strada impropobile dal St. Camillus, e allora quasi conviene partorire a casa. Con il risultato che dopo essere state seguite durante la gravidanza non è possibile effettuare la profilassi per evitare la trasmissione verticale del virus dell'HIV.
In caso di madre sieropositiva, le linee guida mondiali sconsigliano l'allattamento. In Africa è concesso per i primi sei mesi del nascituro, perchè la famiglia solitamente non ha i soldi per il latte in polvere ed è più probabile che il piccolo muoia in questa fase bevendo l'acqua non salubre usata per preparare il latte artificiale piuttosto che prendere l'AIDS dalla mamma succhiando al seno.
Un ragazzo all'ultimo anno di università viene a trovarmi in ufficio con la mamma per farle da interprete, perchè lei sa solo il dholuo. Siccome parla a voce bassissima e faccio fatica a capirlo, gli chiedo per favore di scrivere quello che mi vuole dire. Impiega almeno cinque minuti per compitare poche righe, ritorna più volte sulle frasi prima di consegnarmi il foglietto e leggendo faccio comunque fatica a capire il messaggio perchè è scritto in un inglese più maccheronico del mio che sono italiana.
Una signora di Otati vive da sola con tre figli avuti da uomini diversi. Il più grande avrà 4 anni. Chiamare casa il posto dove vivono è decisamente eccessivo. E' una delle famiglie più povere che conosco. Sono andata a trovarla e in quella che lei chiama ostentatamente cucina c'erano i tre fratellini soli, sporchi e affamati. Il più piccolo piangeva disperato. Le abbiamo telefonato tramite il cellulare di un vicino. Dove si è cacciata? Quando è arrivata si è scusata, stava lavorando per racimolare qualcosa. Stava aiutando a spalmare il fango sulla capanna di una famiglia, che così si fa i muri. Mi ha detto che i bambini sono sporchi perchè siccome lavora non ha avuto tempo di andare a prendere l'acqua al lago, a una quindicina di chilometri. Le offriamo qualcosa per comprare da mangiare lei ringrazia e replica in dholuo. Chiedo all'amico che mi accompagna di tradurmi ma lui all'inizio si rifiuta. Insisto. Mi dice: ti ha chiesto se le compri un cellulare, così la prossima volta che vieni qui puoi contattarla direttamente e si fa trovare a casa.
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