"I realised I could make between $2 and $5 a day
which is what I needed to feed the children"
[Christina, second hand clothes seller]
Il mercato di Matumba si trova ad Arusha, in Tanzania, e a quanto dicono è il più grande mercato di abiti usati di tutta l'Africa. La vendita di vestiti di seconda mano è un business che va per la maggiore, anche a Karungu.Leggendo l'articolo di Thembi Mutch sull'edizione aprile-giugno di BBC Focus on Africa, avevo l'impressione di vedere il mercato di Sori.
"Non ci sono tavoli qui. Tutto, dai pantaloni da uomo ai calzoncini per bambini alle camicette da donna, è ammucchiato per terra senza una logica apparente. Per trovare qualcosa devi semplicemente accovacciarti e cominciare a spulciare, in competizione con le altre [...] clienti che sgomitano per contrattare. Occasionalmente qualcosa è su un appendino, ma è raro."Da dove arriva la merce? Scrive Mutch che si possono trovare "abiti smessi dall'Europa, dall'Asia o dagli Stati Uniti. C'è un misto di vestiti che rivenditori specializzati comprano da associazioni caritatevoli nel Regno Unito e da negozi economici negli Stati Uniti. Articoli difettosi arrivano anche dalle industrie della Thailandia, dell'Etiopia e della Cina. [...] C'è un mondo sotterraneo di persone che si occupano di vestiti di seconda mano. Per vestiario si intende qualsiasi cosa dagli abiti da sera vintage alle scarpe, indumenti sportivi, jeans (che sono particolarmente lucrativi in Africa) e magliette. Anche vestiti che sono stati danneggiati da un allagamento o confiscati per bancarotta e messi all'asta nel Regno Unito dopo essere stati recuperati dalle compagnie assicurative. Ancora una volta, questi vestiti finiscono qui. [...] Il mercato globale vale miliardi."
In tutto l'East Africa ci sono mercati di abiti di seconda mano, ma quello di Matumba è particolarmente apprezzato, tanto che ci sono rivenditori dall'Uganda e dal Kenya che si recano in Tanzania per i loro acquisti da rimettere sul mercato a Kampala e Nairobi. La merce arriva in grandi imballi di tela via nave ai porti di Zanzibar o Dar Es Salaam, dove viene smistata e venduta al chilo.
Continua Mucth: "gli affari sono cambiati drammaticamente negli ultimi anni. All'inizio i vestiti erano tanti, di ottima qualità e a poco prezzo. Gli imballi erano suddivisi per genere e dividerli era molto veloce. Oggigiorno gli imballi sono un misto di vestiti di varia tipologia e qualità e suddividerli ti porta via il doppio del tempo. La recessione globale ha finito per influire anche questo tipo di mercato." Azmani, un venditore di Matumba, lamenta: "Vediamo che c'è meno disponibilità di merce e più domanda. Si potrebbe pensare che questo porti ad un aumento dei prezzi, ma noi cerchiamo di incontrare le esigenze dei più poveri, che sono la maggior parte della popolazione. Non possiamo alzare i prezzi perchè non comprerebbero." Nessun problema, invece, nell'indossare vestiti smessi da altri. Le clienti sono di ogni tipo: dalle donne anziane del villaggio alle giovani manager in carriera. Anch'io la settimana scorsa ho comprato un paio di pantaloncini al mercato di Otati: arrivano dagli Stati Uniti e sono di una marca economica, il cartellino li metteva in vendita per 10 dollari. Io li ho pagati 180 ksh, meno di 2 euro. A Boniface, uno dei nostri autisti, è andata anche meglio: per lo stesso prezzo ha acquistato dei pantaloncini praticamente identici, ma della Calvin Klein.
In Africa, a vendere sono soprattutto le donne, forse perchè abituate a gestire le quasi sempre ristrette finanze di famiglia, e perchè da queste parti la vita le porta ad assumersi grosse responsabilità fin da bambine.
Mama Beatrice è una di loro.
Come Julita ed Elizabeth, ho incontrato Beatrice attraverso il programma Hope&Life. Mama Beatrice vive a Rabuor, a pochi minuti a piedi dal St. Camillus M. Hospital, ha 35 anni e due figli, una ragazzina di 13 anni e un ragazzino di 11, nati dal suo matrimonio con Joseph, sposato nel 1992.
Beatrice mi ha raccontato con un sorriso lontano la serenità dei primi anni della sua famiglia. Con il marito vendeva bibite in un chiosco a Sori e tutto procedeva per il meglio, fino al 2005, quando Joseph ha deciso di prendere una seconda moglie, con già un figlio a carico. Ne sarebbero nati altri due.
Il marito ha cominciato ad allontanare Beatrice dal lavoro, per sostituirla con la nuova donna, e così facendo l'ha messa da parte dalla sua vita. Con il tempo è passato a non portarle più il cibo da cucinare: Mama Beatrice era costretta a chiedere alla nuova arrivata di portarle qualcosa per sè e i suoi figli. Joseph è poi diventato intrattabile e violento ed è arrivato a picchiare sia lei sia i bambini.
Due anni dopo le seconde nozze, Mama Beatrice si trovava in ospedale per un controllo e ha visto la sua co-wife recarsi alla clinica per gli antiretrovirali, segno sicuro di sieropositività.
Beatrice si è allarmata e ha pensato bene di parlarne subito con il marito, che però ha negato con veemenza la possibilità che la sua preferita fosse positiva all'HIV/AIDS. Beatrice ha deciso perciò di affrontare la faccenda da sola e si è rivolta al centro VCT del St. Camillus. Il test è risultato positivo. Quando lo ha riferito marito, per fargli sapere il suo stato e per rendere chiaro che non stava mentendo a proposito della seconda moglie, Mama Beatrice non ha ottenuto la reazione sperata. Joseph è diventato soltanto più violento, e l'ha esclusa definitivamente dalla sua vita. Ha minacciato di cacciarla di casa, l'ha offesa pesantemente e ha costretto la seconda moglie a fare lo stesso.
Dopo altri due anni di sofferenze, Beatrice decide di tornare dai genitori per farsi aiutare. Ma il padre ha una seconda moglie e nelle difficoltà della madre Beatrice rivive le proprie. I ragazzini erano rimasti a casa, in attesa di raggiungere i nonni. Ma poco tempo dopo, i vicini hanno chiamato Mama Beatrice per farle sapere che i suoi figli non andavano più a scuola ed erano diventati servi della seconda moglie del marito. E' stata la cosidetta goccia che fa traboccare il vaso. Mama Beatrice è tornata immediatamente a Rabuor e si è rivolta ad Hope&Life. Insieme a Teresa, la responsabile del gruppo, si sono recate dal capo locale e hanno denunciato Joseph, che ora non può negarle un posto dove stare e deve provvedere almeno ai propri figli, riammessi a scuola grazie all'intervento della famiglia di lei, che l'aiuta con le tasse scolastiche. L'atmosfera a casa è tesa, l'ho sperimentata io stessa. Quando sono andata a trovarla, lei e i figli sono stati molto accoglienti. Ma quando è arrivato Joseph, è sceso un silenzio imbarazzato così spesso che si poteva quasi toccarlo.
Mama Beatrice ha bisogno di un lavoro. Le abbiamo chiesto cosa sa fare. Ci ha spiegato che sa vendere, e le piace stare in mezzo alla gente, ma non può certo aprire un altro chiosco di bibite e mettersi in competizione con il marito. Così abbiamo pensato ai vestiti usati. Abbiamo dato a Mama Beatrice i soldi per comprare i primi imballi e ora vende abiti di fronte all'ospedale durante la settimana e al mercato di Sori la domenica. Con il ricavato delle prime vendite ha già acquistato nuovi vestiti, e così via. Questo lavoro ha il doppio vantaggio di darle un'opportunità di diventare economicamente indipendente e di tenerla lontana per molte ore al giorno dalla casa che condivide con il marito. Al mercato ha stretto amicizia con le altre venditrici e con i suoi modi si sta creando un bel giro d'affari, seppure ancora molto piccolo. Ma soprattutto, si sta creando una nuova vita. Pole pole, maglietta dopo maglietta.
"Non ci sono tavoli qui. Tutto, dai pantaloni da uomo ai calzoncini per bambini alle camicette da donna, è ammucchiato per terra senza una logica apparente. Per trovare qualcosa devi semplicemente accovacciarti e cominciare a spulciare, in competizione con le altre [...] clienti che sgomitano per contrattare. Occasionalmente qualcosa è su un appendino, ma è raro."Da dove arriva la merce? Scrive Mutch che si possono trovare "abiti smessi dall'Europa, dall'Asia o dagli Stati Uniti. C'è un misto di vestiti che rivenditori specializzati comprano da associazioni caritatevoli nel Regno Unito e da negozi economici negli Stati Uniti. Articoli difettosi arrivano anche dalle industrie della Thailandia, dell'Etiopia e della Cina. [...] C'è un mondo sotterraneo di persone che si occupano di vestiti di seconda mano. Per vestiario si intende qualsiasi cosa dagli abiti da sera vintage alle scarpe, indumenti sportivi, jeans (che sono particolarmente lucrativi in Africa) e magliette. Anche vestiti che sono stati danneggiati da un allagamento o confiscati per bancarotta e messi all'asta nel Regno Unito dopo essere stati recuperati dalle compagnie assicurative. Ancora una volta, questi vestiti finiscono qui. [...] Il mercato globale vale miliardi."
In tutto l'East Africa ci sono mercati di abiti di seconda mano, ma quello di Matumba è particolarmente apprezzato, tanto che ci sono rivenditori dall'Uganda e dal Kenya che si recano in Tanzania per i loro acquisti da rimettere sul mercato a Kampala e Nairobi. La merce arriva in grandi imballi di tela via nave ai porti di Zanzibar o Dar Es Salaam, dove viene smistata e venduta al chilo.
Continua Mucth: "gli affari sono cambiati drammaticamente negli ultimi anni. All'inizio i vestiti erano tanti, di ottima qualità e a poco prezzo. Gli imballi erano suddivisi per genere e dividerli era molto veloce. Oggigiorno gli imballi sono un misto di vestiti di varia tipologia e qualità e suddividerli ti porta via il doppio del tempo. La recessione globale ha finito per influire anche questo tipo di mercato." Azmani, un venditore di Matumba, lamenta: "Vediamo che c'è meno disponibilità di merce e più domanda. Si potrebbe pensare che questo porti ad un aumento dei prezzi, ma noi cerchiamo di incontrare le esigenze dei più poveri, che sono la maggior parte della popolazione. Non possiamo alzare i prezzi perchè non comprerebbero." Nessun problema, invece, nell'indossare vestiti smessi da altri. Le clienti sono di ogni tipo: dalle donne anziane del villaggio alle giovani manager in carriera. Anch'io la settimana scorsa ho comprato un paio di pantaloncini al mercato di Otati: arrivano dagli Stati Uniti e sono di una marca economica, il cartellino li metteva in vendita per 10 dollari. Io li ho pagati 180 ksh, meno di 2 euro. A Boniface, uno dei nostri autisti, è andata anche meglio: per lo stesso prezzo ha acquistato dei pantaloncini praticamente identici, ma della Calvin Klein.
In Africa, a vendere sono soprattutto le donne, forse perchè abituate a gestire le quasi sempre ristrette finanze di famiglia, e perchè da queste parti la vita le porta ad assumersi grosse responsabilità fin da bambine.
Mama Beatrice è una di loro.
Come Julita ed Elizabeth, ho incontrato Beatrice attraverso il programma Hope&Life. Mama Beatrice vive a Rabuor, a pochi minuti a piedi dal St. Camillus M. Hospital, ha 35 anni e due figli, una ragazzina di 13 anni e un ragazzino di 11, nati dal suo matrimonio con Joseph, sposato nel 1992.
Beatrice mi ha raccontato con un sorriso lontano la serenità dei primi anni della sua famiglia. Con il marito vendeva bibite in un chiosco a Sori e tutto procedeva per il meglio, fino al 2005, quando Joseph ha deciso di prendere una seconda moglie, con già un figlio a carico. Ne sarebbero nati altri due.
Il marito ha cominciato ad allontanare Beatrice dal lavoro, per sostituirla con la nuova donna, e così facendo l'ha messa da parte dalla sua vita. Con il tempo è passato a non portarle più il cibo da cucinare: Mama Beatrice era costretta a chiedere alla nuova arrivata di portarle qualcosa per sè e i suoi figli. Joseph è poi diventato intrattabile e violento ed è arrivato a picchiare sia lei sia i bambini.
Due anni dopo le seconde nozze, Mama Beatrice si trovava in ospedale per un controllo e ha visto la sua co-wife recarsi alla clinica per gli antiretrovirali, segno sicuro di sieropositività.
Beatrice si è allarmata e ha pensato bene di parlarne subito con il marito, che però ha negato con veemenza la possibilità che la sua preferita fosse positiva all'HIV/AIDS. Beatrice ha deciso perciò di affrontare la faccenda da sola e si è rivolta al centro VCT del St. Camillus. Il test è risultato positivo. Quando lo ha riferito marito, per fargli sapere il suo stato e per rendere chiaro che non stava mentendo a proposito della seconda moglie, Mama Beatrice non ha ottenuto la reazione sperata. Joseph è diventato soltanto più violento, e l'ha esclusa definitivamente dalla sua vita. Ha minacciato di cacciarla di casa, l'ha offesa pesantemente e ha costretto la seconda moglie a fare lo stesso.
Dopo altri due anni di sofferenze, Beatrice decide di tornare dai genitori per farsi aiutare. Ma il padre ha una seconda moglie e nelle difficoltà della madre Beatrice rivive le proprie. I ragazzini erano rimasti a casa, in attesa di raggiungere i nonni. Ma poco tempo dopo, i vicini hanno chiamato Mama Beatrice per farle sapere che i suoi figli non andavano più a scuola ed erano diventati servi della seconda moglie del marito. E' stata la cosidetta goccia che fa traboccare il vaso. Mama Beatrice è tornata immediatamente a Rabuor e si è rivolta ad Hope&Life. Insieme a Teresa, la responsabile del gruppo, si sono recate dal capo locale e hanno denunciato Joseph, che ora non può negarle un posto dove stare e deve provvedere almeno ai propri figli, riammessi a scuola grazie all'intervento della famiglia di lei, che l'aiuta con le tasse scolastiche. L'atmosfera a casa è tesa, l'ho sperimentata io stessa. Quando sono andata a trovarla, lei e i figli sono stati molto accoglienti. Ma quando è arrivato Joseph, è sceso un silenzio imbarazzato così spesso che si poteva quasi toccarlo.
Mama Beatrice ha bisogno di un lavoro. Le abbiamo chiesto cosa sa fare. Ci ha spiegato che sa vendere, e le piace stare in mezzo alla gente, ma non può certo aprire un altro chiosco di bibite e mettersi in competizione con il marito. Così abbiamo pensato ai vestiti usati. Abbiamo dato a Mama Beatrice i soldi per comprare i primi imballi e ora vende abiti di fronte all'ospedale durante la settimana e al mercato di Sori la domenica. Con il ricavato delle prime vendite ha già acquistato nuovi vestiti, e così via. Questo lavoro ha il doppio vantaggio di darle un'opportunità di diventare economicamente indipendente e di tenerla lontana per molte ore al giorno dalla casa che condivide con il marito. Al mercato ha stretto amicizia con le altre venditrici e con i suoi modi si sta creando un bel giro d'affari, seppure ancora molto piccolo. Ma soprattutto, si sta creando una nuova vita. Pole pole, maglietta dopo maglietta.
1 commento:
fantastiskt arbete ni gör
Margareta och Lars
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