Fidel a maggio compie 5 anni. Sieropositivo, è orfano dall'età di otto mesi. E' figlio di una contadina di nome Tabitha, ma è figlio soprattutto di una tradizione culturale ben radicata nella storia sociale della tribù Luo. Quando il marito di Tabitha muore di AIDS, la giovane donna va in sposa al fratello del defunto. Si usa così, da queste parti. Fidel è figlio di Tabitha e di suo cognato, che abbandona la famiglia subito dopo la nascita del bambino.
Quando anche Tabitha muore di AIDS, Fidel rimane a vivere con la nonna, una donna anziana che vuole bene al nipotino ma non ha di che vivere per se stessa, figuriamoci per due. Inoltre, risulta ben presto evidente che Fidel non gode di buona salute. La soluzione migliore sembra quella di portarlo al St. Camillus M. Hospital e di lasciarcelo il più a lungo possibile. Fidel ha trascorso mesi in ospedale, con la nonna che andava e veniva ma cercava di non farlo dimettere. Alla missione riceveva le cure mediche necessarie, e mangiava tre volte al giorno. Un piccolo Eldorado.
Fidel ha cominciato la terapia antiretrovirale a 2 anni. E questo ha complicato la faccenda perchè gestire i farmaci non è affatto semplice. Lo staff della clinica per i malati di AIDS ha consigliato alla nonna di portare il nipotino al Dala Kiye, e a settembre 2009 Fidel è entrato a far parte della grande famiglia del Centro per gli Orfani di Karungu. Con Alphons, 4 anni, ha occupato gli ultimi due posti disponibili nella casetta Kiboko [Ippopotamo, in swahili].
Fidel è bello. Bellissimo. Come lo sono tutti i bambini. Fidel ama ballare. E balla con uno stile tutto suo [diffidate dalle imitazioni!]. Fidel quando ti vede ti corre incontro anche se dopo 10 metri ha già il fiatone. Fidel ama saltarti in braccio e si aggrappa con le gambe come un piccolo koala al suo eucalipto. Fidel adora gli occhiali da sole. Fidel quando qualcuno se ne va lo saluta con la mano per almeno 5 minuti. E se gli fai notare che ormai è a Sori e non lo può vedere quasi quasi si offende. Fidel quando vuole una cosa la ottiene, a costo di menare le manine. Fidel ha già capito che nella vita bisogna essere un pò "arieti" se si vuole andare avanti e sfondare i muri delle difficoltà, a costo di abbatterli a testate. Fidel ha gli occhi sinceri e comunicativi e intensi. Ridono quando è felice, si fanno bui quando è triste. Sono trasparenti. E parlano. Dicono quello che la sua voce non dice. Fidel non parla. Capisce tutto quello che gli viene detto, fa quello che gli viene chiesto, indica quello che vuole. Ma non dice una parola.
Sul perchè del suo silenzio non c'è un motivo certo. Per come la vedo io, Fidel non parla perchè nessuno ha mai perso troppo tempo a parlarci. E perchè se a 4 anni sei già orfano, sieropositivo, abbandonato da tuo padre e hai trascorso metà della tua vita in ospedale, beh, non è che hai molto da dire.
Pare che alcuni stimoli funzionino solo se ricevuti entro i primi 3 anni. Questo dicono i libri. E non discuto. Ma, a Karungu impari che Elimu ni maisha, si vitabu [Si impara dalla vita, non dai libri, in swahili].
E Fidel, dopo sei mesi al Dala Kiye, ha cominciato a dire qualcosina. Le mamme delle casette dicono che quando è molto rilassato parlicchia. E' ancora presto per sapere se imparerà a parlare come si deve o meno. Tempo al tempo.
Ma Fidel, ieri al mio saluto: "Ciao Fidel, idhinade?" [Come stai? in dholuo] Ha risposto: "Ciao!" Ciao. Ed è stato il ciao più bello che io abbia sentito con le mie orecchie nuove.
Impossible is nothing.
Fidel ha cominciato la terapia antiretrovirale a 2 anni. E questo ha complicato la faccenda perchè gestire i farmaci non è affatto semplice. Lo staff della clinica per i malati di AIDS ha consigliato alla nonna di portare il nipotino al Dala Kiye, e a settembre 2009 Fidel è entrato a far parte della grande famiglia del Centro per gli Orfani di Karungu. Con Alphons, 4 anni, ha occupato gli ultimi due posti disponibili nella casetta Kiboko [Ippopotamo, in swahili].
Fidel è bello. Bellissimo. Come lo sono tutti i bambini. Fidel ama ballare. E balla con uno stile tutto suo [diffidate dalle imitazioni!]. Fidel quando ti vede ti corre incontro anche se dopo 10 metri ha già il fiatone. Fidel ama saltarti in braccio e si aggrappa con le gambe come un piccolo koala al suo eucalipto. Fidel adora gli occhiali da sole. Fidel quando qualcuno se ne va lo saluta con la mano per almeno 5 minuti. E se gli fai notare che ormai è a Sori e non lo può vedere quasi quasi si offende. Fidel quando vuole una cosa la ottiene, a costo di menare le manine. Fidel ha già capito che nella vita bisogna essere un pò "arieti" se si vuole andare avanti e sfondare i muri delle difficoltà, a costo di abbatterli a testate. Fidel ha gli occhi sinceri e comunicativi e intensi. Ridono quando è felice, si fanno bui quando è triste. Sono trasparenti. E parlano. Dicono quello che la sua voce non dice. Fidel non parla. Capisce tutto quello che gli viene detto, fa quello che gli viene chiesto, indica quello che vuole. Ma non dice una parola.
Sul perchè del suo silenzio non c'è un motivo certo. Per come la vedo io, Fidel non parla perchè nessuno ha mai perso troppo tempo a parlarci. E perchè se a 4 anni sei già orfano, sieropositivo, abbandonato da tuo padre e hai trascorso metà della tua vita in ospedale, beh, non è che hai molto da dire.
Pare che alcuni stimoli funzionino solo se ricevuti entro i primi 3 anni. Questo dicono i libri. E non discuto. Ma, a Karungu impari che Elimu ni maisha, si vitabu [Si impara dalla vita, non dai libri, in swahili].
E Fidel, dopo sei mesi al Dala Kiye, ha cominciato a dire qualcosina. Le mamme delle casette dicono che quando è molto rilassato parlicchia. E' ancora presto per sapere se imparerà a parlare come si deve o meno. Tempo al tempo.
Ma Fidel, ieri al mio saluto: "Ciao Fidel, idhinade?" [Come stai? in dholuo] Ha risposto: "Ciao!" Ciao. Ed è stato il ciao più bello che io abbia sentito con le mie orecchie nuove.
Impossible is nothing.
1 commento:
....the power of love (la forza dell'amore) rende possibili l'impossibile.....e con questa "medicina" sono sicuro che Fidel poi "bagnerà il naso" a tutti.
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