A Karungu, bisogna stare attenti anche al fuoco.
E' un problema che mi sta particolarmente a cuore. Non si tratta purtroppo di semplici scottature che, seppur dolorose, si sanano nel giro di una settimana o poco più. In genere chi viene portato all’ospedale ha bruciature ampie e profonde o in zone molto delicate come la testa, le mani, i piedini, la faccia.
Come mai succede, e tanto spesso? Immaginate di trovarvi in una povera capanna dove in un angolo ci sono tre pietre e sopra queste una pentola per cucinare il cibo. E’ il tempo del tramonto e nel giro di pochi minuti scenderà la notte. I bambini sono attorno al fuoco osservando quella che sarà la loro cena. Nella capanna non c’è televisione o altro motivo di attrazione e distrazione per i bambini, né libri da leggere alla poca luce che viene dal fuoco. La mamma deve badare anche ad altre cose e basta poco, un movimento brusco, o un po’ di curiosità, per causare quello che si vorrebbe non capitasse mai. Il fuoco con la sua vivacità è bello ma sempre pericoloso e la pentola, seppur stabile sulle tre pietre, è in equilibrio precario e si può rovesciare in un attimo. Ci sono anche altre situazioni. Capita che la capanna si incendi quando la famiglia è dentro, magari di notte, mentre tutti dormono. Succede che un bambino o un adulto rovesci la pentola che è sul fuoco o una lampada a causa di un attacco di epilessia.
Non è mia intenzione, tuttavia, rattristarvi elencandovi tutti i singoli casi, ma piuttosto regalarvi un’immagine che mi ha dato tanta serenità e gioia, seppure nella drammaticità del dolore, quando a soffrire sono i bambini. Boaz aveva ampie ustioni ad un braccio e alla faccia. Dopo un periodo piuttosto lungo in ospedale, la pelle si era cicatrizzata abbastanza bene e i suoi occhi, fortunatamente risparmiati dal fuoco, hanno ricominciato a dare segni di vivacità. Ora che poteva di nuovo alzarsi dal letto, camminare e correre, era sempre in movimento, quasi volesse recuperare il tempo perduto.
Ciò che mi ha colpito è che nelle pause del suo giocare ed esplorare, il suo posto preferito era accanto ad una mamma e al suo bimbo di poco più di un anno, con un braccio e la testa ampiamente ustionati. Boaz, con il suo sorriso e le sue attenzioni, sembrava voler dare loro coraggio. Senza parlare, nelle ultime due settimane del suo ricovero ospedaliero, con la sua semplice presenza e il suo buonumore, Boaz dava serenità a questa giovane donna e lasciava trasparire un cuore grande. Boaz è tornato a casa, ma sono sicuro che sia la mamma sia il piccolo Dedrick, che è ancora ricoverato in ospedale, portano dentro di sé i suoi occhi come un’immagine di speranza e di amicizia che è sempre possibile, anche nei momenti più difficili.