sabato 26 dicembre 2009

Happiness

E crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose.
Non è quella che si insegue a vent'anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi, la felicità non è quella che affanosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente, non è quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari, la felicità non è quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose.
E impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
E impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi, e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
E impari che l'amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore, e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccoli attimi felici. E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
E impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità. E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami. E impari che c'è felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c'è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c'è nel cuore un piccolo-grande Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.

[Anonimo]

giovedì 24 dicembre 2009

Auguri. A tutti.

Beh, buon Natale. E che sia davvero un pò Santo e porti un pizzico di serenità. A tutti.
Buon Natale al lago, al cielo e alle stelle. Buon Natale a questi giorni freddi riscaldati dai sorrisi di amici vecchi e nuovi, lontani e vicini, dai miei nipotini e da mamma e papà. Buon Natale alla mia famiglia africana, ai religiosi e ai laici, agli italiani, agli americani, ai keniani e agli indiani. Buon Natale alla mia famiglia italiana, a quella di San Zeno e a quella fatta da tutti coloro che mi vogliono bene, dal Piemonte alla Calabria. Buon Natale a chi per quattro anni è stata la mia seconda famiglia. Buon Natale a chi mi ha incontrata ma non ci ha fatto caso, a chi non sono piaciuta e a chi di me non si vuole ricordare. Buon Natale a chi mi abbraccia con affetto e anche a chi mi sorride con la plasticità di una Barbie o Big Gim.
Buon Natale ai bambini di Karungu, di Sori, di Otati, di Not, di Muhuru, di Mfangano, di Aluru, di Orore, di Kisumu, di Nakuru, di Nairobi, di Kibera, di Aringo e di tutto il Kenya. Buon Natale ai bambini di questo Paese, a quelli italiani e a quelli arrivati da chissà dove e chissà come. Buon Natale ai piccoli che lo trascorreranno con almeno una mamma o un papà, a chi vedrà così tanti parenti da perdere il conto e confondere i nomi, le facce e le voci. Buon Natale a chi mangerà sukuma e ugali, a chi rifiuterà la terza fetta di panettone, a chi berrà lo jabanà e a chi invece si siederà semplicemente per strada.
Buon Natale a chi mi ha fatto diventare bionica, a chi mi ha insegnato che non solo si vede ma anche si sente bene solo con il cuore. L'essenziale non è solo invisibile agli occhi, ma anche silenzioso, e va oltre le parole.
Buon Natale a chi con me ha riso, ha pianto, ha amato, si è commosso e arrabbiato. Buon Natale a chi la vita ha fatto crescere troppo in fretta e a chi, nonostante l'età, dalla vita scappa e resta bambino. Buon Natale all'amore che ho ricevuto, a quello che ho dato, a quello che mi è stato offerto e ho rifiutato, a quello che avrei voluto dare ma non è stato accettato.
Buon Natale alle persone che ammiro e di cui sono orgogliosa e a chi, a torto o a ragione, è orgoglioso di me; a chi ha condiviso un pezzo del suo cammino e a chi cammina su una strada parallela alla mia che non ci fa incontrare; a chi mi riserva sempre nuove meraviglie, a chi mi ha insegnato e continua a insegnarmi moltissimo, a chi per me è un modello e a chi mi ha fatto capire come non voglio diventare.
Buon Natale alle mani, agli occhi, ai sorrisi, alle lacrime, alle voci e ai sospiri. Buon Natale alla corsa, ai tamburi, ai grilli e agli uccelli. Buon Natale su questa Terra e a chi mi guarda dal Cielo. Buon Natale a chi ogni giorno dedico un pensiero. Buon Natale alla forza, al coraggio e alla passione. Buon Natale a chi vive la vita come una continua lezione. Buon Natale a chi ci crede e a chi non crede più, Buon Natale a tutti, ma soprattutto a Gesù.

mercoledì 23 dicembre 2009

NonSolo[A]Natale/NotOnly[For]Christmas

[...] Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente. [...]
La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.
Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito. [...] Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi.
Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti.

Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani (Rm 12,1-2.9-18)


[...] Do not model yourselves on the behaviour of the world around you, but let your behaviour change, modelled by your new mind. [...]
Do not let your love be a pretence, but sincerly prefer good to evil. Love each other as much as brothers should, and have a profound respect for each other.
Work [...] with untiring effort and with great earnestness of spirit. If you have hope, this will make you cheerful.
Do not give up if trials come; and keep on praying. If any of your brothers [saints] are in need you must share with them; and you should make hospitality your special care.
Bless those who persecute you: never curse them, bless them. Rejoice with those who rejoice and be sad with those in sorrow. Treat everyone with equal kindness; never be condescending but make real friends with the poor. Do not allow yourself to become self-satisfied. Never repay evil with evil but let everyone see that you are interested only in the highest ideals. Do all you can to live at peace with everyone.

From the letter of Saint Paul to the Romans (Rm 12,1-2.9-18)

sabato 19 dicembre 2009

In Italy

E da qui il mio passo verso l'unica rivoluzione che serve, quella dentro di te. Le altre le vedi. Le altre si ripetono, si ripetono in maniera costante, perchè al fondo c'è la natura dell'uomo. E se l'uomo non cambia, se l'uomo non fa questo salto di qualità, se l'uomo non rinuncia alla violenza, al dominio della materia, al profitto, all'interesse, tutto si ripete, si ripete, si ripete.

[La fine è il mio inizio, Tiziano Terzani]

Sono in Italia da quasi una settimana, e in questo sabato sera sotto zero e sotto la neve, i pensieri si accavallano e chiedono di essere scritti, perchè cominciano a stare stretti se rimangono tutti in testa.
Giovedì guardavo i fiocchi cadere dal finestrino del treno. Guardavo i campi, le case, le strade, le automobili, gli alberi. Guardavo il bianco. E pensavo. Pensavo a questo bianco così diverso dal verde di Karungu, dal blu del lago Vittoria, dall'azzurro del suo cielo. Guardavo il bianco e pensavo che il bianco è il colore dei ricordi. Mi sono rivista bambina, quando giocavo in montagna con papà e Morghi, quando correvo per il giardino vestita da orsetto perchè c'era la neve a carnevale, quando la mamma mi metteva il maglione di lana spessa ed Eros teneva con sè una foto della sua sorellina. Quando il massimo delle mie preoccupazioni era essere preparata per la recita di Natale a scuola. Quando, parafrasando Oscar Wilde, ero ancora "giovane abbastanza per sapere tutto".
Con una tazza fumante di tè buono come solo la mia mamma sa fare, sento la nostalgia per l'Africa che mi avvolge, calda con un abbraccio che aspettavi da un pò. Sento sempre la mancanza della mia casa africana quando sono in Italia, come sento la mancanza della mia casa italiana quando sono a Karungu. Questa volta, tuttavia, guardo l'Italia con occhi diversi. Possono due giorni cambiare una vita? Non lo so. Ma questi ultimi mesi, e l'ultimo weekend prima di partire, a Nakuru, sono stati "rivoluzionari". E mi sembra che niente sia più lo stesso.
Vedo questa Italia che corre, corre, e chissà dove dovrà mai andare. In Kenya a volte il "pole pole" [piano piano] è esasperante, ma anche questa frenesia italiana non è da meno.
Leggo e scrivo decine di messaggini per concordare gli appuntamenti, perchè sono una ragazza fortunata e ho tanti amici, ma sono tutti fitti di impegni, e il mio arrivo è una piacevole sorpresa ma pur sempre un imprevisto in una vita che non ti lascia un attimo di tregua.
Sorrido alle luci di Natale e sono contenta che sia un white christmas come da tradizione. Sorrido alla neve, al cappotto con sopra il poncho di lana, e perfino al freddo polare [forse perchè mi fermo solo 20 giorni!] Ma sento persone stressate dalla scelta dei regali, dal vestito da mettere, dal ristorante da prenotare. Il mio dono sarà trascorrere le feste con la mia famiglia, e non ho bisogno di altro.
Scopro che aveva ragione chi mi ha detto: "Do not plan everything. Just enjoy the trip".
Credo che, quando realizzi che il bimbo di otto anni che sta giocando con te passerà la notte su una strada con il fratellino di dieci perchè la mamma non li vuole più, tutto il resto ti appare facile. Smetti all'istante di lamentarti. E senti forte il dovere di essere felice.
Osservo gli occhi pieni di amore dei genitori, dei nonni, dei fratelli e degli zii alle recite di Natale delle mie nipotine. E sento un nodo alla gola, pensando ai bimbi di Karungu, e non solo. Mi viene voglia di correre indietro e abbracciarli forte, che forse non l'ho fatto abbastanza.

It's me

I am Angela. I live in Kenya, where I work as a project coordinator in a Catholic Mission in Karungu. I am proud to be an AB cochlear implant user. My doctor told me: "This choice will change your life". Now I can hear better, I can hear sounds that I have never heard before, and it is fantastic. But the best side of this experience is another one. Now I am free. I am free to be myself. And it is simply so beautiful.

Sono Angela. Vivo in Kenya, dove lavoro come coordinatrice di progetto in una Missione Cattolica a Karungu. Sono orgogliosa di portare un impianto cocleare AB. Il mio medico mi ha detto: "Questa scelta cambierà la tua vita". Ora posso sentire meglio, posso sentire suoni che non avevo mai sentito prima, ed è fantastico. Ma il lato migliore di questa esperienza è un altro. Ora sono libera. Libera di essere me stessa. Ed è semplicemente bellissimo.

lunedì 14 dicembre 2009

Dovremmo stringerci le mani

E' quasi Natale [...]
che freddo che fa
Io parto [...]
per passarlo
con mamma e papà [...]

Non so perchè
questo lusso di cartone
se razzismo, guerra e fame
ancora uccidono le persone

Lo sai cos'è
dovremmo stringerci le mani
...o é Natale tutti i giorni
o non è Natale mai...


[O è Natale tutti i giorni... Luca Carboni]

giovedì 3 dicembre 2009

Sor Aqua

[...] Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi' Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. [...]

[Cantico delle Creature - S. Francesco d'Assisi]

Domenica sera non c'era acqua a casa. Niente di che: un tubo rotto nel primo appartamento per i volontari, riparato dagli idraulici della missione lunedì mattina. La situazione si è rivelata anche divertente: fare i turni per la doccia in una stanza libera nella casa dei padri, gente che girava con asciugamano, spazzolino e dentifricio come in campeggio. Sono bastate quelle poche ore, tuttavia, per farmi notare come gesti per me scontati, in realtà non lo siano. Non sempre.
Aprire il rubinetto per lavarmi i denti e la faccia, tirare lo sciacquone del water, aprire il rubinetto della doccia, o quello del lavello in cucina per preparmi il caffè.
Ogni volta a pensare: "E' vero, non c'è acqua." Non c'è acqua.

In this picha: a young girl catching water

Sono tante le donne e, in questo mese di "vacanza", i bambini che incontro al mattino con i loro secchi di plastica, di solito gialli, con cui vanno al lago a raccogliere l'acqua. Sono contenitori di olio da cucina riutilizzati all'infinito. Mi passano accanto con i loro pesi sulla testa, in perfetto equilibrio, la schiena dritta, senza mostrare fatica. I ragazzini si fermano a salutare. Le donne talvolta fanno una sosta per chiacchierare, senza appoggiare i secchi per terra.
Al mattino vedo anche alcune persone che fuori dalle loro case si lavano i denti con un pò d'acqua in una tazza di plastica. Non posso fare a meno di chiedermi se è acqua del lago o se è stata depurata. Ma non ci sono molte possibilità di depurare l'acqua, a Karungu.
La missione, subito dopo il cancello principale, ha due rubinetti per l'acqua. La gente fa sempre la fila, soprattuto al mattino e alla sera. Con 40/- [meno di 40 centesimi di euro] al mese si possono prendere 20litri di acqua del lago e 20litri di acqua depurata. Al giorno. I pazienti, invece, quando sono ricoverati possono sperimentare il piacere di avere acqua corrente a portata di mano. Nel prato all'esterno del children ward ci sono sempre alcune donne che lavano i vestiti dei bambini [e anche i propri] o fanno il bagno ai loro figli. I bambini in AIDS delle casette del Dala Kiye hanno docce e rubinetti, e il centro ha anche delle docce per tutti i ragazzini che frequentano la scuola e la missione camilliana.

In this picha: "bagnetto"!

Fuori, però, la maggior fonte di acqua è il lago Vittoria, questo lago immenso, affascinante, fonte di vita. Ma non certo perla di purezza. Eppure, la gente si accalca sulle sue rive, soprattutto durante il weekend. L'acqua del lago serve per lavare se stessi, i propri abiti, gli strumenti da cucina. Nel lago si lavano le bici, le moto, le macchine, i matatu, qualche volta anche gli autobus. Al lago si porta il bestiame per farlo abbeverare. Chi è fortunato, porta anche l'asino, su cui caricare i contenitori con l'acqua. Chi è molto fortunato, all'asino ci attacca un carretto e di contenitori ne porta una ventina alla volta, che poi rivende al mercato. Naturalmente, più lontano è il mercato dalla riva, più ci guadagna.

In this picha: people washing.. everything

Uno di questi mercati è a Otati, una ventina di km da Karungu, un villaggio inerpicato sulle colline. Qui vive, tra gli altri, mama Jackline. Lei e la sorella vendono omena al mercato, il martedì. Vivono insieme, hanno in tutto una decina di figli e nessun marito. Otati si trova sul confine tra Karungu e Gwassi, e così entrambe le località snobbano un pò questo posto. Mama Jackline l'abbiamo conosciuta in occasione di una mobile clinic, aveva portato alla visita di controllo il figlio più piccolo, ma chi aveva bisogno di un medico era il fratellino, Tony. Bello e tristissimo, sui 3 anni, aveva un braccino con un'ustione tremenda. Ripresoci dallo stupore che questa donna non avesse pensato di portare il piccolo in ospedale, ce lo abbiamo portato noi. Qualche tempo dopo il nostro primo incontro, sono tornata ad Otati e mama Jackline mi ha accompagnata a casa per farmi vedere che Tony stava meglio. La loro casa non è molto diversa da quelle della maggior parte della gente della zona. In un angolo, c'erano tre grossi barili d'acqua, che dovevano servire per tutta la famiglia. "Da dove prendi l'acqua?" le abbiamo chiesto. "Dal lago." E pazienza se è a 20km. Se per raggiungere Otati la strada è tutta in salita. Se nella stagione delle piogge c'è un fango tale che a fare 100mt ci metti anche 10 minuti. E allora comincia ad apparire meno sorprendente che mama Jackline non abbia portato il suo Tony in ospedale. Perchè se ti svegli al mattino e il problema principale è come andare a raccogliere l'acqua per te e per i propri figli, un braccino ustionato passa in secondo piano.
Perchè l'acqua dovrebbe essere "uguale per tutti". Ma come molti altri diritti, non lo è. E se chi di dovere [e di potere] non lo capisce, non ci resta che tenerci stretto il nostro contenitore giallo.

In this picha: yellow containers and young girls
Special thanks for all these picha: [la me zia] Renata

martedì 1 dicembre 2009

Year Number 3

Oggi comincia il terzo anno di progetto. L'ultimo. L'anno in cui si dovrebbero vedere i risultati del nostro lavoro. Chissà. Di sicuro ho già imparato moltissimo, pur sapendo benissimo di essere ancora un'assoluta principiante.
Ho imparato che l'Africa è una maestra di vita continua. Di quelle che ogni volta che pensi: ok, ho capito, ti sorprende e ti mette davanti al fatto compiuto, costringendoti ad ammettere che non avevi capito proprio niente.
Ho imparato che più una persona ha l'anima grande, più appare semplice, di una semplicità a volte disarmante. Di una semplicità che riempie, che fa bello tutto ciò che tocca.
Ho imparato che la curiosità è vita. Fare finta di sapere per non sentirsi ignoranti non serve a niente. E ci lascia nell'ignoranza.
Ho imparato che non c'è fine al peggio. Che se già nasci cieca nel bush, puoi sempre dare alla luce due figli, un maschio e una femmina. Il bambino ha circa 10 anni, due occhi furbi e profondi, di quelli che ne hanno già viste che metà bastava lo stesso. Ma la ragazzina, di circa 15 anni, ha un forte handicapp mentale. Eppure è lei che incontri la sera con un fascio di rami sulla testa per il fuoco, o al mattino con la divisa della scuola primaria, anche se per età dovrebbe frequentare la secondaria. E' lei che incontro al mattino, ora che la scuola è chiusa, mentre porta un secchio giallo con l'acqua e accompagna la mamma sotto un grande albero vicino alla parrocchia di Kiranda, dove la donna passa la giornata a vendere i pochi prodotti del loro pezzetto di terra, che ora che la scuola è chiusa, probabilmente lavora il fratellino.
Ho imparato che ognuno cerca di cavarsela facendo del suo meglio. E una mamma sieropositiva può trovare sia un'ottima idea venire da me a chiedermi di darle dei soldi per pagare qualcuno che doni all'ospedale il sangue usato per salvare il suo bambino. Quando un paziente riceve del sangue, infatti, di norma viene chiesto se uno dei parenti può donarlo, perchè in una zona rurale come questa, e in una zona così affetta dall'AIDS come questa, trovare del sangue utile è piuttosto complicato. Quando ho spiegato alla mamma che non doveva preoccuparsi, e che non l'avremmo certo trattenuta se non poteva ridonare il sangue, era talmente sollevata.. Ma rimaneva comunque difficile credere avesse potuto davvero pensare di non poter tornare a casa dai suoi figli se non avesse trovato del sangue. Eppure so benissimo che era esattamente questo il suo pensiero.
Ho imparato che non riesco a non arrabbiarmi quando, ora che il nuovo reparto dell'ospedale sta per essere completato, cominciano ad arrivare nel mio ufficio giovani donne che chiedono di essere assunte come cleaner. Mi arrabbio non per la loro voglia di fare, ovviamente. Mi dispiace perchè non posso aiutarle, in quanto non sono io che sceglierò il personale da assumere. Ma mi arrabbio quando chiedo loro di lasciarmi un contatto e vedo che ci mettono due minuti buoni a compitare il proprio nome. Mi arrabbio al pensiero che ci siano ragazze che alla mia età hanno già 3-4 figli, ma nessuna istruzione.
Mi arrabbio anche quando c'è chi, al contrario di queste donne, non cerca una soluzione alle proprie difficoltà, ma si limita a chiedere soldi all'ultimo momento. Mi arrabbio perchè vorrei che quest'Africa riuscisse a capire che se non si aiuta [anche] da sola, non può farcela. E deve farcela.
Ho imparato che anche se la gente a volte fa fatica ad esprimere i propri sentimenti, non per questo mancano le persone con un cuore grande. Ho imparato che a volte certi gesti valgono più di tante parole. Ho imparato che a volte basta un invito a bere una soda al "bar" o a prepare insieme l'insalata per dimostrarti affetto.
Ho imparato che essere diversi è difficile ovunque tu sia. Che Florence è sorda e se ne vergogna anche quando parla con me. Ma ora porta la protesi e sorride sempre quando ci incontriamo. Che Fidel a quattro ancora non parla ma ha una voglia e una capacità di comunicare che ti lasciano senza parole.
Ho imparato che un sorriso e un abbraccio possono cambiare in meglio la tua giornata.
Ho imparato che la vita è fatta anche di scelte. E che certe scelte ti cambiano la vita.
Ho imparato che andare a Muhuru mi restituisce ogni volta un tocco di magia.
Ho imparato che, in fondo, ognuno di noi vuole solo essere amato ed apprezzato per quello che è.
Ho imparato che ho ancora tanto da imparare.
Ho imparato che questo posto è molto di più. E che ogni giorno è un piccolo miracolo, se lo si sa guardare e ascoltare.

In this picha: Angi&Fidel
Special thanks for this picha: Nadia :)

World Aids Day 2009

Oggi è la Giornata Mondiale della lotta contro l'AIDS. Per il secondo anno, ho vissuto questo evento a Karungu, dove il 35% della popolazione, secondo i dati più recenti, è sieropositivo. Prendendo atto di questo, e del fatto che non è che ci siano chissà quali eventi nel bush, è facile capire perchè la manifestazione sia uno dei momenti sociali più importanti dell'anno.
La giornata da noi è stato un weekend, dedicato a promuovere lo slogan 2009: Stop AIDS. Keep the Promise. Universal Access and Human Rights.
La due giorni è cominciata sabato mattina. L'appuntamento era alle 8.oo, ma davanti all'ospedale eravamo solo in tre. Il programma prevedeva la distribuzione di alcune magliette tra lo staff, per poi recarci nei due punti di ritrovo della marcia: Sori a destra e Oodi Beach a sinistra della missione. La partenza era prevista dalle due località alle 9.00 e noi, in perfetto african time, abbiamo lasciato il St. Camillus alle 9.20 in punto.
Stipati in 16 nel pick-up [6 davanti e 10 dietro, io e Kayla naturalmente dietro, con tanto di striscione arrotolato e tanica di benzina di scorta] abbiamo percorso i 3,5 km che separano l'ospedale dall'ufficio postale di Sori. Qui ci aspettavano i ragazzini del Dala Kiye, personale vario della missione, e un pò di gente del paese accorsa per partecipare. Distribuite le t-shirt e i red ribbon, ascoltato il breve [per fortuna] discorso del chief locale, siamo partiti alle 10.30 sotto un sole cocente e gli sguardi incuriositi di Sori. Il pick-up ci seguiva tappezzato di slogan, mentre un autoparlante diffondeva la voce di Andrew che richiamava l'attenzione sull'evento.

In this picha: the procession
Special thanks for this picha: Richard


Circa duecento persone tra grandi e piccini, tutti a piedi [tranne qualche furbo in bici o in moto].
E' stato bello camminare insieme, condividere il caldo, le chiacchiere, la fatica, le risate. Solo la scottatura è stata cosa da wazungu, concentrandosi sulle facce bianche di me e Kayla!
Arrivati alla meta, abbiamo incontrato il gruppo proveniente da Oodi Beach: al Dala Kiye eravamo almeno in cinquecento. Not bad!
Il tempo di bere qualcosina e via alle varie attività. La più attesa sabato mattina era la partita di calcio Hospital Staff-Dala Kiye Staff, finita 1-1 tra le grida dei vari supporter. Nella squadra dell'ospedale erano incluse anche Lauren, Kayla e altre ragazze di Karungu, ma dopo "l'allenamento" e pochi minuti di gioco, i maschi hanno deciso che volevano in campo only men. Ah, gli uomini! Le donne si rifaranno in una squadra tutta femminale di netball.

In these picha: Hospital Staff - Dala Kiye Staff

Nel pomeriggio si sono susseguiti canti, balli, brevi recite e testimonianze. Nel frattempo, sono proseguite le partite tra quattro scuole dei dintorni. Chi voleva, poteva chiedere informazioni sull'AIDS e sulla prevenzione e fare il test dell'HIV.
Domenica la giornata è iniziata con una bella messa all'aperto celebrata da padre Julius in quasi due ore, volate tra canti, balli, e l'omelia di padre Martin.
Al pomeriggio sono riprese le attività del sabato, con canti per tutti i gusti [dal gruppo di donne di Sidika al rapper nostrano] e spassosissime gare di ballo tra bambini.

In this picha: Sidika Women Support Group

In this picha: MTV Karungu Awards :)

Verso sera era prevista la lotteria [primo premio una bella capretta nera, seguita da una radio, cappellini, magliette e infradito] e la premiazione delle squadre che avevano partecipato ai giochi, così come dei vincitori del concorso di scrittura.
Padre Emilio ha chiamato i bambini del Dala Kiye sul palco per estrarre i numeri vincitori e noi ragazze a fare da vallette.. Ma dopo pochi minuti un improvviso rovescio ha messo fine alla nostra carriera di "lotterine". I premi sono stati distribuiti senza tante cerimonie ma con la proverbiale simpatia di padre Emilio, che ha trovato il modo di rendere scherzosa anche la pioggia, e poi tutti a casa, bagnati ma contenti.
A Karungu, anche la Giornata Mondiale dell'AIDS può diventare una festa. Ma il nostro obiettivo resta ben chiaro in testa.

STOP AIDS.