Ogni giorno il maestro Karungu mi insegna qualcosa. Non sempre sono una studente diligente, capita che mi ci voglia del tempo per assimilare il concetto. Altre volte ho bisogno di prendere ripetizioni. Per fortuna, il mio maestro ha pazienza, e non rinuncia a trasmettermi le sue lezioni.
Ho imparato, ad esempio, che non bisogna mai dare niente per scontato. Che ciò che a me sembra ovvio per molti non le è, e viceversa. Che la scala delle priorità è variabile. Che non bisogna mai dare giudizi affrettati, e che si deve sempre cercare di vedere le cose da un altro punto di vista. Si potrebbero scoprire scenari inesplorati, e capire che il problema stava semplicemente nel fatto che si guardava la situazione dalla direzione sbagliata.
Sabato sera siamo andati a Kiranda, nella chiesa parrocchiale, per la veglia di Pasqua. La messa è iniziata poco dopo le nove ed è finita dopo quattro ore di letture in dholuo, di parole ispirate di p. Jakob, di danze per festeggiare il Signore risorto. E di battesimi. Nella notte di Pasqua sono state battezzate un centinaio di persone, tra cui alcuni ragazzini del Dala Kiye. Li guardavo vestiti di bianco, ognuno a seconda del proprio stile e delle possibilità, tutti con la loro candelina in mano a illuminare il buio della chiesa.
In Italia una cerimonia come questa sarebbe impossibile. Siamo così presi dal voler affermare a qualsiasi costo la nostra individualità, che un battesimo collettivo non ci passa per la testa. Quando i bambini sono più di tre, già sembrano troppi. Eppure c'era qualcosa di impalpabilmente bello ed emozionante sabato sera. Qualcosa che ancora un pò mi sfugge. C'era il senso di appartenenza. Di condivisione. Ed essere in tanti non sminuiva il momento di ognuno. Lo moltiplicava. Un proverbio swahili dice: siamo perchè sono, sono perchè siamo. Non è una lezione facile, ma credo valga la pena di essere ascoltata.
Sabato sera siamo andati a Kiranda, nella chiesa parrocchiale, per la veglia di Pasqua. La messa è iniziata poco dopo le nove ed è finita dopo quattro ore di letture in dholuo, di parole ispirate di p. Jakob, di danze per festeggiare il Signore risorto. E di battesimi. Nella notte di Pasqua sono state battezzate un centinaio di persone, tra cui alcuni ragazzini del Dala Kiye. Li guardavo vestiti di bianco, ognuno a seconda del proprio stile e delle possibilità, tutti con la loro candelina in mano a illuminare il buio della chiesa.
In Italia una cerimonia come questa sarebbe impossibile. Siamo così presi dal voler affermare a qualsiasi costo la nostra individualità, che un battesimo collettivo non ci passa per la testa. Quando i bambini sono più di tre, già sembrano troppi. Eppure c'era qualcosa di impalpabilmente bello ed emozionante sabato sera. Qualcosa che ancora un pò mi sfugge. C'era il senso di appartenenza. Di condivisione. Ed essere in tanti non sminuiva il momento di ognuno. Lo moltiplicava. Un proverbio swahili dice: siamo perchè sono, sono perchè siamo. Non è una lezione facile, ma credo valga la pena di essere ascoltata.
1 commento:
cara Angela fai tesoro di tutto questo
non smettere mai di imparare, di lasciarti "mettere in crisi" dalle situazioni quotidiane.
c'è sempre da imparare e vedo che a te la voglia non manca.
evviva la scuola di Karungu
Posta un commento