conoscere le storie, ognuna originale,
sapere che nel mondo nessuno è normale.
Ognuno avrà qualcosa che ti potrà insegnare,
gente molto diversa di ogni colore.
(Jovanotti, Gente della notte)
c'è un altro mondo, ed è in questo [paul èluard]
Mi hanno detto che in Italia da una settimana è ricominciato il campionato, e che la Juve nella sua prima partita ha pareggiato con la Fiorentina.. Che dire.. Pole.
A Karungu, invece, domenica scorsa si è disputata la finale di un torneo di calcio tra alcune squadre della zona e, beh, perdersela sarebbe stato un peccato. Lo “stadio” si trova in mezzo al bush, ci si arriva in bici, in moto, in macchina, ma la cosa migliore è andare a piedi, attraverso i compound delle famiglie e i campi coltivati, tra una mucca e una capra e qualche gallina. Una serie di teli di plastica circonda l'area sportiva e all'entrata c'è anche il bigliettaio che ti fa pagare per un foglietto di carta di quaderno con scritto un numero a penna e ti timbra la mano come quando da ragazzine andavamo al Decò.
Dentro c'era tantissima gente intorno al campo, un'area delimitata da una fune che ne segnava il perimetro e le due porte avversarie. E basta. Niente panchine per i giocatori, niente massaggiatori, mi pare anche niente guardalinee. Però c'era l'arbitro vestito di nero, c'era un ragazzo che filmava i momenti salienti, c'erano le tribune fatte con dei teli di plastica sorretti da pali di legno, con sedie e perfino le poltrone per i personaggi di spicco. C'era una radio che suonava lo stesso ritornello ad ogni gol, c'erano le donne con le soda baridi e qualcosa da mangiare, c'erano tanti ragazzi e ragazze e tantissimi bambini.
Le finaliste erano i gialli e i rossi. Mi hanno detto i nomi un sacco di volte ma non sono stata capace di ricordarmeli. Era bello vederli giocare, ed era bella l'atmosfera. La gente tifava ma senza accanimento, festeggiava ai gol ma non si arrabbiava agli errori. La partita è finita in pareggio. E si è passati ai rigori. Sembrava la finale di Coppa d'Africa dalla tensione negli “spalti”. I giocatori seduti sul campo senza più un filo d'erba, il tiratore che si avvicinava piano alla porta, il portiere dei gialli (o dei rossi?) che si segnava prima di ogni parata, salti mortali all'indietro per una rete. Il pubblico diviso a metà nel preferire una o l'altra squadra. Anche i rigori sono finiti in un pareggio. Un errore a testa. E allora avanti, altri due giocatori. E ancora due. Finchè uno ha sbagliato e tutti gli occhi sono sul prossimo. Che segna. Non ho visto niente per alcuni secondi, la gente si è alzata in piedi, è corsa in massa in mezzo al campo, i giovani hanno alzato i vincitori e insieme una polvere che ci ha avvolti tutti. E poi musica, risate di grandi e piccini, anche di chi aveva perso.
Questo è il calcio che mi piace. Buon campionato. E forza Juve! ;)
Oggi scrivo un minipost di post. Cioè di cose, fatti e persone di cui volevo scrivere ma che con l’african time che impera nel frattempo sono passate.
E così dopo Lucio sono stati a Karungu “mama” Monica Adhiambo, Francesco (prodotto tipico gallaratese) e Giovanni. E sono anche ripartiti per l’Italia. Andrea è tornato in Sudan. E stamattina Julian ci ha salutati per Londra. Oriti!
Dopo il compleanno di Cri, Lara e Davide, e prima di quello di Silvia, è arrivato e passato anche il mio, e ho ricevuto così tanto affetto e così tanti regali da lasciarmi senza parole.
Mentre scrivo Sandra e Marco festeggiano il loro matrimonio: congratulazioni!
In occasione dei miei primi cinque mesi africani mi ha fatto la festa anche la malaria, e finalmente oggi sto un pò meglio. Belliocchi mi ha detto che ho ricevuto il “battesimo del Kenya”, e messa su questo piano ne sono quasi onorata, anche se mi sarei fatta bastare volentieri quello ricevuto a San Zeno quand’ero piccina.