Da dietro si vede tutto: le verdi colline che circondano Karungu, l'onnipresente lago Vittoria, che dall'alto rende il meglio di sè, la strada che scorre veloce sotto di noi. Ma soprattutto vedi la gente. Perchè qui le strade sono sempre piene di gente. Al mattino presto, di giorno sotto il sole che brucia, nel nero totale delle notti africane. A piedi, in bici, in quattro sulla moto con un cesto in testa e due galline in mano, in dieci in una macchina da sei, in venti sul matatu da quattordici, in un numero imprecisato sugli autobus e sui camion. Christine ed io non potevamo certo lamentarci: il nostro era un safari avventuroso per scelta, ma qui ci sono persone che fanno viaggi impossibili per necessità. Tantissime le mani che ci hanno salutato, e i sorrisi scaturiti dal vedere queste due biondine accomodate sul retro del pick up. Ogni volta la sorpresa di come a volte basta davvero poco per far nascere un sorriso, soprattutto nei bambini. Anche quando sembra non esserci proprio niente da ridere.
Abbiamo attraversato alcuni villaggi che appaiono quasi irreali. Quando si passa molto tempo nell'ufficio della missione a volte si perde il senso di cosa ci sia fuori. Si rischia di dimenticare che la parola povertà indica qualcosa di concreto, che si può guardare, toccare, annusare, assaggiare e ascoltare. Perchè la povertà è a cinque sensi. Ha i colori opachi dei vestiti sporchi di polvere. Ha la pelle ruvida anche se è appena un bambino. Ha l'odore del fuoco a carbone e dell'omena e di chi per lavarsi usa l'acqua del lago. Ha il gusto forte dei cibi semplici. E ha la risata cristallina dei piccoli, capaci di trovare il lato giocoso e bello della vita. Sempre. Sono i bambini i migliori maestri.